3. Venti del popolo
La figura di Miguel Hernandez è imprescindibile per chiunque abbia avuto a che fare con l’impegno antifascista nella guerra civile spagnola. Pastore, poeta, cantore degli ultimi e dell’orgoglio di una Repubblica fatta non di sigle e cerimoniali, ma di lavoratori, soldati, fabbriche, campi e trincee.
La sua poesia Vientos del pueblo divenne il canto dell’orgoglio repubblicano nella guerra civile, un’ode alla Spagna e al coraggio di coloro che combattono per la propria libertà. Nel 1970, più di trent’anni dopo, al di là dell’oceano alcuni dei suoi versi risuonarono dalla chitarra di Victor Jara, un altro cantore degli ultimi, poi torturato e ucciso dai militari di Pinochet.
Miguel Hernandez morì in prigione nel 1942, dopo esserne entrato e uscito diverse volte a partire dal 1939, quando i franchisti presero il potere in Spagna. Prima condannato a morte, poi a trent’anni (per le pressioni di diversi intellettuali) fu trasferito da un carcere all’altro, fino a che non si ammalò di bronchite, tifo e tubercolosi. Scrisse i suoi ultimi versi sul muro della cella:
Addio fratelli, compagni, amici.
Congedatemi dal sole e dal grano.
Il giorno esatto della morte è il 28 marzo 1942. Precisamente due anni dopo, in provincia di Siena, sul Montemaggio, i fascisti trucidarono 19 partigiani. Nessuna rivelazione, o pretesa di significato nascosto, dietro questo accostamento. Semplicemente una coincidenza di date che unisce, per puro caso, due ferite e due simboli.
La prima proiezione di Memorias sarà a Montemaggio, durante il Festival Resistente, la sera del 30 maggio.
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Se muoio, che muoia
con la testa ben alzata
Morto e venti volte morto,
la bocca contro la gramigna,
avrò i denti stretti
e la barba precisa.
Cantando aspetto la morte
poiché ci sono usignoli che cantano
sulla punta dei fucili
e in mezzo alle battaglie.
(da Vientos del pueblo, Miguel Hernandez)